La compartecipazione al pagamento delle Residenze Sanitarie Assistenziali

Le prestazioni ricevute dai pazienti ricoverati nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (R.S.A.), si
qualificano come socio-sanitarie integrate e sono regolate dall’art. 3 del D.lgs 502/92 e successive
modificazioni.
La legge prevede che la retta di ricovero sia composta da una quota sanitaria (generalmente il 50%
dell’intero) a carico del Sistema sanitario regionale erogate tramite le Asl di appartenenza e da una
quota sociale o alberghiera (l’altro 50%) a carico del paziente o, se questo non in grado di
provvedervi, dal Comune di residenza del medesimo.
In particolare, i Comuni sono tenuti ad erogare un contributo per la compartecipazione alla quota
sociale parametrato alla situazione reddituale del ricoverato, attraverso la presentazione dell’ISEE
socio-sanitario, così come previsto dal DPCM 159/2013.
Come noto, è ormai purtroppo frequente che i pazienti, i familiari degli stessi o, nei casi più gravi,
gli amministratori di sostegno e i tutori, non presentino al Comune la domanda di accesso al
beneficio della compartecipazione al pagamento della retta giornaliera dovuta per le prestazioni
sociali erogate dalla struttura sanitaria, sebbene vi siano le condizioni per poter accedere a tale
beneficio.
In tali circostanze, le strutture sanitarie, da un lato, si trovano a non poter richiedere in pagamento ai
Comuni la quota parte della diaria giornaliera a carico del paziente, non essendo stata presentata la
domanda di accesso al beneficio della compartecipazione, dall’altro lato incontrano difficoltà a
recuperare il credito nei confronti del paziente, soprattutto quando quest’ultimo è indigente, con
evidenti elevate probabilità di un esito non positivo della iniziativa di recupero.
Sul tema, si è registrata una recente giurisprudenza, la cui motivazione sembrerebbe aiutare la
posizione delle strutture sanitarie. In particolare, il Tribunale Civile di Pordenone ha affermato che
“nel caso di inadempienza da parte dell’ospite rispetto al pagamento della retta di degenza, a
prescindere dalla circostanza che tale inadempimento risulti oppure no significativo di una
sopravvenuta e genuina situazione di indigenza dello stesso soggetto ricoverato, insorge
immediatamente l’obbligo del Comune di residenza di provvedere in suo luogo al pagamento della
retta senza che all’istituto di accoglienza possa addossarsi alcun onere di preventiva escussione del
soggetto ospitato. È poi rimesso al Comune di residenza, ma si tratta di una vicenda cui l’istituto di
accoglienza, creditore, resta estraneo, di vagliare la effettiva situazione economica del proprio
cittadino (..) diversamente, il tema relativo alla situazione di impossidenza, totale o parziale,
dell’ospite, ovvero il tema di indagine e di apprezzamento inerente alla suddetta situazione, attinge
a materia che riguarda esclusivamente il riparto dei costi sociali tra l’ospite in qualità di cittadino
e l’Ente locale, senza riverberare alcun effetto di condizionamento sulla responsabilità, immediata,
del Comune in confronto dell’istituto di accoglienza. Quanto sopra, sul solco di una precedente
sentenza del Consiglio di Stato, secondo cui “va infatti considerato, da una parte, che gli istituti di
ricovero hanno necessità di ricevere subito il denaro delle rette con cui devono provvedere alla
cura di persone che non possono certo dimettere per mancato pagamento, dall’altra, che
l’amministrazione di tali istituti non può essere gravata di incombenti che non le sono connaturali;
laddove il Comune di residenza del ricoverato è anche l’ente che, normalmente, conosce la
situazione economica e familiare del ricoverato e che, in ogni caso, ha i mezzi e gli uffici idonei per
effettuare le ricerche e ottenere le certificazioni eventualmente occorrenti; oltre al fatto che può
rendersi necessario che il Comune debba determinare la quota di spesa a proprio carico e quella
per la quale rivalersi”.
In conclusione, secondo la recente giurisprudenza sopra riportata citata, il mancato pagamento della
retta di degenza da parte dell’ospite di una struttura di accoglienza, individuata nell’ambito di un
programma di tutela socioassistenziale, fa comunque sorgere l’obbligo di pagamento, diretto e non
sussidiario, del Comune di residenza in favore delle strutture sanitarie.